Perché nominare un responsabile della conservazione (RdC) esterno nelle aziende private?
Le Linee Guida AdID del 9 settembre 2020 (modificate nel maggio 2021) in tema di formazione, gestione e conservazione dei documenti informativi, hanno introdotto la facoltà di esternalizzare il più importante ruolo del processo di conservazione: il RdC – Responsabile della Conservazione. Questa novità introduce ad alcune riflessioni utili che è importante fare per arrivare ad una scelta consapevole tra una figura interna all’organizzazione aziendale o, appunto, ad una esterna.
In questo articolo vedremo in cosa consiste e perché è importante il ruolo del Responsabile della Conservazione e per quale motivo è consigliabile scegliere di esternalizzare questa figura professionale.
La figura designata
Quello del Responsabile della Conservazione è un ruolo previsto dall’organigramma aziendale.
Si tratta di una figura professionale che deve avere un livello di preparazione elevato su una materia estremamente normata e, allo stesso tempo, in continua evoluzione. Il candidato ideale sarà quindi una figurata altamente preparata e in continua formazione in tema giuridico, informatico e archivistico. Le mansioni restano invariate a prescindere che si scelta una figura interna o esterna all’azienda.
L’assetto organizzativo aziendale
È dovere di qualsiasi imprenditore, secondo quanto disposto dall’art. 2086 c.c., di “[..] istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa [..]” e il collegio sindacale vigila su tale adeguatezza e sul concreto funzionamento dell’assetto.
Un assetto organizzativo si definisce “adeguato” quando:
- è basato sulla separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni (l’assetto organizzativo appare del tutto adeguato quando l’RdC e il conservatore sono figure esterne all’azienda e non coincidenti);
- definisce chiaramente le deleghe e i poteri di ciascuna funzione;
- garantisce lo svolgimento delle funzioni aziendali;
- presenta una struttura compatibile alle dimensioni della società, alla modalità di perseguimento dell’oggetto sociale, alla rilevazione tempestiva della crisi aziendale.
Quindi la a presenza di un Responsabile della Conservazione, dotato di competenze adeguate alla conservazione dei documenti dell’azienda, è certamente indicativa di un assetto organizzativo adeguato.
Designare un Responsabile della Conservazione esterno o interno?
Scegliendo di designare una figura interna all’azienda, la responsabilità permane in primis in capo al legale rappresentante dell’azienda, al quale potrebbe essere imputata culpa in eligendo per una designazione inadeguata e in vigilando per mancata sorveglianza dell’operato del designato.
Assegnando invece il ruolo di Responsabile della Conservazione ad una figura esterna alla realtà aziendale si sgrava il legale rappresentante dell’azienda da tutte le responsabilità che vengono trasferite sul professionista selezionato a mezzo delle clausole contrattuali e delle linee guida (pur se non correttamente definite).
In presenza di un RdC esterno, anche in caso di azione di responsabilità conseguente al default aziendale, il legale rappresentate è sgravato dalle responsabilità. Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza richiama l’art. 2086 del Codice Civile e precisa che l’imprenditore non deve pregiudicare l’interesse dei creditori e deve gestire il patrimonio o l’impresa nell’interesse prioritario dei creditori.
Pertanto, la predisposizione di adeguati assetti organizzativi, tra cui la conservazione, oltre ad essere necessaria ai fini di una corretta gestione, è anche essenziale per preservare l’interesse dei terzi creditori. Specialmente in presenza di crisi aziendale, l’indipendenza d’un RdC esterno è sicuramente di maggior garanzia per i creditori rispetto a un soggetto interno che può subire dei condizionamenti interni.
Va tenuto anche in considerazione che in realtà di dimensioni minori può risultare difficile identificare internamente una figura adeguata alla copertura del ruolo di RdC; in tal caso, un RdC esterno risulterebbe meno oneroso e maggiormente compatibile con la dimensione aziendale.
Inoltre, poiché le linee guida già citate prevedono che l’RdC sia la interfaccia con gli organismi competenti (Guardia di Finanza, Ag. Entrate, ecc.) per assicurare loro l’espletamento delle attività di verifica e vigilanza, appare opportuno che l’RdC sia un terzo esterno, piuttosto che un interno.
Posto che tocca al RdC definire e attuare le politiche complessive del sistema di conservazione e governarne la gestione con piena responsabilità e autonomia, è evidente che il processo risulta meglio garantito e garantista con un RdC esterno, con responsabilità contrattualmente e normativamente perimetrate. Questo delicato aspetto di garanzia assume maggior criticità nel caso in cui il sistema di conservazione sia interno all’azienda, cioè quando il conservatore è la stessa azienda.
Un RdC interno opera solo per la propria azienda, mentre un esterno lo fa per svariate aziende; questa sola considerazione porta a ritenere che un esterno abbia più pratica, migliore organizzazione e conoscenze più accurate.
Il ruolo di RdC prevede la delega di alcune mansioni, verso il conservatore (nella persona del responsabile del sistema di conservazione), e verso altre figure interne all’azienda. Un RdC esterno ha certo maggiore autonomia e autorità nel verificare l’esecuzione delle mansioni delegate se ha a che fare con dipendenti dell’azienda sua cliente, anziché con colleghi rispetto ai quali un interno potrebbe anche essere un sottoposto. I rapporti tra funzioni aziendali interne potrebbero costituire un limite all’autonomia e all’autorità del RdC interno superabile solo con la designazione di un soggetto interno apicale (es. CFO, CIO) con conseguente aggravio di costi, specie qualora tale soggetto dovesse farsi affiancare da un consulente con competenze specifiche.
Inoltre, un RdC esterno ha maggior interesse rispetto a uno interno nell’accrescere e verificare la formazione dei soggetti delegati, in modo che le mansioni loro affidate siano svolte correttamente limitando suo costante intervento.
La copertura effettiva del ruolo è un altro importante fattore di scelta. Un RdC interno difficilmente ha un sostituto e dovrebbe lasciare scoperto il ruolo in caso di prolungata assenza (es. per malattia, maternità/paternità, ferie); per contro, un RdC esterno inserito in un’organizzazione, può delegare a un collega adeguato le proprie attività in caso di urgenza.
Oltre a quanto sopra evidenziato circa l’opportunità di avvalersi di un soggetto esterno per il ruolo di RdC, risulta opportuno considerare anche il fattore costo.
Di primo acchito si potrebbe ritenere che designare un RdC interno, già retribuito per altra funzione, non comporti alcun costo aggiuntivo per l’azienda. Ma quali responsabilità potrebbero essere attribuite a un soggetto interno non retribuito per un ruolo tanto delicato e indicativo d’un assetto aziendale adeguato come previsto dal Codice civile? E come potrebbe l’imprenditore sostenere di aver dotato l’azienda di un assetto adeguato se il ruolo cardine della corretta tenuta della documentazione aziendale è affidato a una figura non adeguatamente retribuita, fermo restando le competenze che lo stesso deve possedere?
In base alle disposizioni di legge, sappiamo che per la PA l’RdC deve essere di livello dirigenziale; quindi, di simile livello dovrebbe essere anche nell’azienda privata; ne consegue che il suo costo aziendale è certamente rilevante, e deve aggiungersi anche il costo per la formazione e l’aggiornamento continuo.
Anche il fattore costo orienta, quindi, la scelta verso un soggetto esterno, che proprio perché opera per più aziende può adottare un modello organizzativo e operativo rispondente a criteri di economicità e di uniformità (anche se sempre personalizzato); inoltre, il suo costo di formazione continua è sostenuto per più clienti.
Il rapporto col Conservatore
L’art. 44 comma 1-quater del CAD, prevede che l’RdC possa affidare la conservazione ad altri soggetti che offrono idonee garanzie, ma per fare ciò deve poter prima valutare, e poi verificare, le garanzie offerte da un conservatore; ne consegue che l’RdC ha un potere autonomo di valutazione e, al limite, di scelta del conservatore. Per questo il rapporto con l’esecutore del processo di conservazione è il più delicato per un RdC.
Agli albori dei processi di conservazione, quasi 20 anni fa, si riteneva erroneamente che l’RdC fosse il conservatore; questa interpretazione venne poi corretta, ma solo oggi si è arrivati a normare che il RdC, se esterno, deve anche essere terzo rispetto al conservatore. Il principio di terzietà è del tutto logico in quanto l’esecutore esterno della conservazione non può anche essere il controllore di sé stesso.
L’azienda, l’RdC e il conservatore sono parti che hanno interesse comune nell’operare correttamente e in modo agile, anche in quanto sono componenti d’una filiera più ampia che comprende anche il DPO, i responsabili della sicurezza e dei sistemi informativi, e l’RTD (Responsabile della Transizione al Digitale) ove presente. Il conservatore esterno, per mera agilità operativa e ove opportuno, avrebbe interesse a sensibilizzare le aziende proprie clienti all’importanza d’interloquire con un RdC esterno (o, meglio, un’organizzazione tra RdC) con cui abbia consolidato un’interazione fattiva.
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