Ore di viaggio in trasferta e rimborso spese come orario di lavoro
Tra chi viaggia molto per lavoro e i responsabili aziendali la domanda ricorre spesso: le ore di viaggio durante una trasferta sono considerate come ore lavorative retribuite?
La legge è stata più volte interpellata a questo proposito, e prevede una regolamentazione dei casi in cui la trasferta rientra nell’orario lavorativo e di quelli in cui il tempo per lo spostamento non dev’essere calcolato.
La trasferta, in ambito lavorativo, è identificata come la prestazione temporanea della propria professionalità in una sede diversa da quella abituale designata dal contratto di lavoro.
Per chiarire al meglio ogni altro dubbio, passeremo ora in rassegna i seguenti punti:
- quando le ore di viaggio in trasferta non vengono calcolate;
- quando il viaggio è parte dell’orario lavorativo retribuito;
- come avviene il rimborso spese di viaggio.
Quando le ore di viaggio in trasferta non si devono calcolare
Quando il lavoratore svolge attività lavorativa presso una sede diversa da quella abituale, non sempre le ore vengono calcolate come lavorative.
Nella maggior parte dei casi, il lavoratore può scegliere in autonomia i dettagli e le modalità del viaggio, quindi senza sottostare a direttive da parte del datore di lavoro. In questo caso specifico, le ore di viaggio impiegate per raggiungere la meta è paragonato al tempo che il lavoratore impiega per raggiungere la sede, e non è pertanto calcolato.
Il calcolo delle ore di trasferta, e della rispettiva retribuzione, dipende in sostanza dallo scopo dell’attività: se lo spostamento ha valore preparatorio, l’ammontare delle ore di viaggio non viene calcolato. Il tempo trascorso su mezzi di trasporto per recarsi al luogo di lavoro rientra tra le azioni di preparazione allo svolgimento delle proprie mansioni e quindi non può né essere calcolato entro l’orario lavorativo, né ricevere retribuzione.
Il disturbo collegato alla trasferta, che sia di natura fisica o materiale, è comunque ricompensato per legge dall’indennità di trasferta riconosciuta al lavoratore. Questo principio è stato confermato più volte dalla Cassazione (sentenze n. 5359 del 10 aprile 2001 e n. 1555 del 3 febbraio 2003).
Quando il viaggio è parte dell’orario lavorativo retribuito
Innanzitutto è bene chiarire, in generale, cosa si intende con orario lavorativo e quali attività devono quindi essere ricompensate per legge.
Il Ministero del Lavoro prevede che per orario di lavoro si intenda il lasso di tempo in cui si possono riscontrare queste tre condizioni:
- il lavoratore si trova presso la sede di lavoro;
- il lavoratore è al servizio del proprio datore;
- il lavoratore sta eseguendo le proprie mansioni.
Questo comporta che, una volta ricevuti ordini espliciti da parte del direttivo a recarsi presso un’altra sede, il tempo di trasferimento rientra nel normale orario di lavoro. Questo vale anche quando si oltrepassa la soglia di ore lavorative previste da contratto, le quali dovranno essere ricompensate in qualità di prestazioni straordinarie. Questo concetto prende il nome di principio di funzionalità.
Un altro caso previsto per legge tiene invece in considerazione gli spostamenti richiesti dal datore di lavoro una volta raggiunga la sede abituale dell’attività: anche qui, il tempo che al lavoratore serve per arrivare al nuovo recapito deve essere retribuito.
Quindi:
- il tempo di viaggio viene computato nell’orario normale di lavoro, se è funzionale alla prestazione lavorativa richiesta dal datore (ad esempio, per lo spostamento dalla sede aziendale al luogo in cui il lavoratore dovrà esercitare la mansione);
- non viene considerato orario di lavoro il tempo impiegato per raggiungere la sede di lavoro durante il periodo della trasferta.
I casi in cui vengono riconosciute le ore di viaggio in trasferta non sono molti e non è sempre facile individuarli. Per regolarsi, il consiglio è quello di tenere sempre ben presenti i tre punti che determinano la definizione di orario di lavoro, considerando però che per alcune attività il computo dell’orario lavorativo viene regolato caso per caso (ad esempio per giornalisti, lavoratori a domicilio e di telelavoro, personale viaggiante dei servizi pubblici e di trasporto terrestre e altri ancora).
Come si calcola il rimborso delle spese di viaggio
I dipendenti che anticipano alcune spese durante la loro attività professionale – quindi anche in trasferta – riceveranno un rimborso in busta paga, a fronte di un precedente accordo con i responsabili aziendali.
Il rimborso ai dipendenti, in generale, varia in base al luogo in cui è avvenuta la trasferta:
- se lo spostamento è avvenuto entro il comune in cui ha sede l’azienda, le spese vengono già calcolate all’interno della retribuzione e non vengono quindi accordate ulteriori somme. Unica eccezione sono le spese di viaggio documentate, che prevedono invece il rimborso;
- se, invece, la trasferta avviene in aree esterne al comune di riferimento aziendale, lavoratore e datore dovranno precedentemente accordarsi sulla modalità di rimborso. Per approfondire la differenza tra rimborso forfettario, analitico e misto leggi il nostro articolo dedicato.
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